Lanterna 93

Passo Valles, 2200 metri. Dopo quasi 2 ore di saliscendi inarrestabili, il percorso della mia “long” di Orienteering era quasi giunto al termine: mancava solamente una lanterna. Il gonfiabile del “finish” era già ben visibile in fondo al vallone. Ma prima di raggiungere la lanterna finale (la numero 100 che è uguale per tutti), dovevo ancora individuare quella precedente. E non la trovavo.

Ho iniziato questo sport solamente da pochi mesi e quindi ho ancora molto da imparare, soprattutto in occasione di una competizione internazionale come la Primiero O-Week che si svolge sulle Dolomiti e alla quale partecipano atleti provenienti da ogni parte del mondo, anche dall’emisfero australe. Parliamo di ragazzi, adulti e anziani che sfrecciano tra i boschi e i sentieri di montagna leggendo la mappa, senza quasi mai fermarsi, e saltellando incessantemente come stambecchi lungo valloni, rocce e alture. In effetti erano pochi gli iscritti come me alla categoria dilettanti, segno dell’elevato livello della competizione.

Il tratto finale della mappa del mio percorso indicava un piccolo laghetto nei pressi del quale avrei dovuto individuare la lanterna 93. Ma questo laghetto proprio non si trovava. Esplorai senza successo la zona, salendo e scendendo più volte su rocce e alture per riconoscere i punti di riferimento e imbattendomi persino in altre lanterne. Ma niente fa fare: la lanterna 93 restava celata e la stanchezza, dopo quasi due ore di gara, iniziava a tagliarmi le gambe.

Nel frattempo, la temperatura si era molto abbassata e il vento soffiava forte mentre grossi nuvoloni si avvicinavano minacciosi sull’area del tracciato. Le ginocchia, sottoposte a tutti quei saltelli e saliscendi, iniziavano a traballare e dolorare.

Decisi allora di compiere un ultimo sforzo e percorrere la base di quella montagnola che secondo la mia interpretazione della mappa avrebbe dovuto ospitare il laghetto fantasma. Se non l’avessi trovata in questo ultimo passaggio, mi dissi con rammarico, avrei chiuso la gara. Ero ormai troppo stanco per insistere.

Sotto la montagnola non trovai la lanterna, ma incontrai Maria, una signora scandinava di circa 65 anni, che cercava da circa un’ora senza successo la lanterna 93. Era stremata Maria, camminava a fatica e non aveva nemmeno più la forza di leggere la mappa. Piangeva implorando al vento che qualcuno le indicasse la posizione della “novantatrè”. Le dissi che anche io stavo cercando invano quella lanterna e che ormai si era fatto tardi: era tempo di rientrare, di utilizzare le ultime energie per fare ritorno al campo base. Lei si oppose, disse che non aveva più la forza di camminare e nemmeno di leggere e interpretare la mappa. Perché nell’Orienteering, per uscire da queste situazioni, devi saper leggere bene la mappa e saper osservare con attenzione ciò che ci circonda.

Maria fu inamovibile. Dopo tutta la fatica che aveva fatto, non era disposta ad arrivare al traguardo saltando quell’unica lanterna. A quel punto anche io fui costretto a continuare…

Percorremmo insieme un breve tratto per raggiungere un avvallamento riparato dal vento e dove, non senza difficoltà, riuscii a convincere Maria a sedersi su una pietra con la promessa che avrei ancora cercato la lanterna. Nel frattempo vidi in lontananza una persona dello staff arrivare verso di noi dalla zona del traguardo.

Esaminando il terreno intorno, osservai che in quel punto la terra era più morbida e umida e che le pietre erano disposte su cerchi concentrici. A quel punto fu tutto chiaro: il laghetto fantasma era prosciugato e noi eravamo proprio nel suo centro! La lanterna 93 si rivelò posizionata poco più un là, nascosta in una piccola insenatura.

L’addetto dell’organizzazione confermò la mia conclusione e si offrì di punzonare la SiCard di Maria e di accompagnarla al traguardo, ma lei non volle essere aiutata.
Alla fine con grandissima soddisfazione riuscimmo entrambi a concludere il nostro percorso.

Come già detto, nell’Orienteering è fondamentale la capacità di leggere e interpretare le mappe; ma ancor più importante è la tenacia e la determinazione nel completare il percorso. E questo l’ho imparato grazie a Maria, la signora scandinava solitaria e ostinata.

Mirko Reggiani